Un’architettura progettata, concepita e realizzata con amore, trasmette amore e come tale, suscita emozioni  in chi l’attraversa e la fruisce.

Ho esordito con questo articolo con la parola “Amore”, in quanto credo fortemente in questo valore e nel mio lavoro che considero il mio primo amore, la mia grande passione. Il voler emozionare, creare e coinvolgere sono i motori che muovono la mia attività come architetto.
Quello che mi affascina della mia professione è la connessione che si stabilisce tra me, il progetto e la sfera personale del cliente; è un atto di grande responsabilità, non solo economica ma sociale e relazionale.

La realizzazione delle nostre idee passa attraverso la convinzione che abbiamo in noi stessi. Tuttavia per la concretizzazione dei miei progetti, delle mie idee occorre avere anche un briciolo di incoscienza e coraggio e sono proprio questi tratti che mi contraddistinguono.

Molto spesso mi capita di pensare al mio approccio nei confronti dell’architettura. Ed è come un’ unione tra due persone, un matrimonio che si basa sulla capacità di rispettarsi reciprocamente in un piacevole connubio. Allo stesso modo posso estendere certamente il concetto di “unione” tra architettura e professione, dove la prevaricazione della prima sulla seconda farebbe venir meno i principi per una pacifica convivenza.

Ecco perché quando mi chiedono di sviluppare un progetto, nel rispetto delle richieste che mi vengono fatte, lo faccio come se lo stessi facendo per me stessa. Ancor prima di disegnare, cerco di immaginare quali sensazioni positive gradirei ricevere dagli ambienti che realizzerò.

Prima ancora di disegnare, bisognerebbe provare a chiudere gli occhi immaginando di passeggiare all’interno di quel progetto, cercare di scoprire quale possa essere l’armonia degli spazi che si vorrebbero percorrere, i colori, le forme e le emozioni  che si desidererebbe provare.

Se tutti progettassimo in questo modo, lo faremmo come se stessimo pensando al nostro benessere, non di certo per farci del male!

A tal proposito voglio ricordare un episodio della mia vita professionale che non dimenticherò mai.  Mi riferisco alla mia parentesi decennale romana, periodo molto attivo e pieno di grandi soddisfazioni personali e professionali. Dopo varie ristrutturazioni di immobili di periferia, incontro una persona che mi mette in contatto con una coppia di imprenditori che avevano appena acquistato un appartamento di pregio nel pieno centro di Roma; la prima cosa che mi ha puntualizzato la moglie, è stata: “Non voglio assolutamente  una casa che non sia mia, che sia frutto solo del piacere e del gusto dell’architetto, perché attualmente vivo in una dimensione veramente paradossale, spazi meravigliosamente spersonalizzati, che non trasmettono quello che siamo noi che la viviamo quotidianamente”.

La prima cosa che mi è venuta spontaneamente di dirle è stata: “Mi permette di venire a vedere questo appartamento?! Non dirò nulla voglio solo ascoltare le sensazioni che mi trasmette, ma prima mi dovere raccontare chi siete, insomma qualche cosa di voi.”

Loro mi guardarono con occhi sbalorditi, ma anche molto incuriositi. Iniziò così il mio atto di responsabilità nei confronti di un incarico professionale, insomma pane per i miei denti.

Brevemente… Dopo un anno di duri lavori, di incontri settimanali con la cliente e di innumerevoli multe vista la posizione centralissima del palazzo, posso dire che il tutto è stato ripagato.

In quel lavoro ci misi tutto l’amore che questa splendida persona meritava e, alla fine, lei ne fu contentissima al punto che alla consegna delle chiavi mi disse: “Finalmente mi sento a casa mia”.

Che dire, dopo questa frase sintetica ma profondamente toccante, oggi credo ancora in queste persone e in questa meravigliosa professione, al punto che mi sto mettendo ancora in gioco a 48 anni, dopo 22 anni di esperienza che non è mai abbastanza in un mondo dove tutto è accelerato  e cambia alla velocità della luce, dove i valori e le emozioni  reali  vengono sostituite con quelle virtuali.

Io comunque rimango un’inguaribile sognatrice,  e dell’idea che “la bella Architettura è un atto di amore e di responsabilità”. Seguitemi in questo percorso di rinascita perché non esiste cosa più bella che condividere le esperienze.